Sono nato a Napoli, e diventato presto artista per lenire le difficoltà del contingente, prima su tutte la morte prematura di mia madre che, già dai miei due anni di vita, cambiò il corso della mia esistenza per sempre.
La musica e l’arte hanno così determinato il mio unico contatto col mondo, diventando “la mia famiglia”. Ho iniziato appena senziente, infatti, a disegnare di fantasia: il tratto su un foglio fu il mio conforto, collegato all’ancora inconsapevole predisposizione musicale. Avevo prioritariamente il bisogno di stabilire una relazione con l’invisibile, un’esigenza che mantengo tutt’ora.
Crescendo, fu solo a 6 anni che ascoltai per la prima volta il MIO strumento, e fu grazie a Carlos Santana e il suono delle congas! Da lì a poco, in una notte d’estate cilentana (SA), mi colpì moltissimo un ritmo che sentivo provenire da una discoteca in una vacanza estiva, che inizialmente non riconobbi, ma che poi, grazie ad un mio caro amico di infanzia che mi fece visita con un paio di bongos (aveva parenti in Venezuela), seppi presto approfondire: le mie mani partirono automaticamente, come se quel “concetto“ mi appartenesse da sempre, e fui in grado di riprodurre esattamente il ritmo del “mozambique” (ricorda il samba, ma di estrazione cubana). I miei giovani amici si stupirono moltissimo perché toccavo quegli strumenti per la prima volta, e questo mi convinse a prendere una decisione: continuare a far parlare le mie mani attraverso la pelle del tamburo!
Divenuto Maestro d’Arte, rimasi molto deluso da quanto il conservatorio, che allora era un ambiente molto chiuso, poteva offrire nella specializzazione del mio strumento (fatta eccezione per il M.S.Valletta), e così cominciai a studiare privatamente le fondamenta della percussione.
Ma fu in seguito ad una cocente delusione amorosa che, inaspettatamente, mi si aprì un’incredibile opportunità: in maniera spregiudicata iniziai, infatti, a suonare per strada e, guidato dall’intensità del ritmo del tamburo, ad intraprendere un percorso psicosomatico di bioenergetica. Fu un periodo “vulcanico” nel quale, suonando a Napoli tra la gente, invocavo la Grande Madre (Parthenope) che mi inviava dalla terra una serie di informazioni sotto forma di musica. La mia esperienza mi portò ad un livello tale da essere ingaggiato, a 17 anni, in una importante scuola di danza, e l’anno successivo mi ritrovai in televisione con Eduardo De Crescenzo. Le mie doti non passarono sott’occhio, ma, anzi, mi permisero di esordire in tournée con Eugenio Bennato e Musicanova, con la compagnia di canto popolare, e anche con la mia convinta Afrocubanìa partenopea.
Un continuo crescendo, che ha raggiunto la sua vetta (per ora!) con la sigla di chiusura di Blitz di Gianni Minà duettando con Ray Charles!
Dopo una serie di collaborazioni pop, rock, jazz e latin, poi, ho trovato anche la forza di raggiungere il grado di sacerdote dei tamburi BATA’ (un Babalosha e un Babalawo) nella mia seconda patria, Cuba.
Oltre al mio percorso da solista, e ai duo con Mats Hedberg e Aldo Perris, ho avuto l’onore di collaborare con una serie di artisti internazionali quali Lucio Dalla, Eros Ramazzotti, Nino D’Angelo, Renato Carosone e molti altri, cercando sempre di incarnare il sincretismo costante tra la Napoli popolare e i ritmi di Cuba per riportarlo in tutto ciò che faccio. Sono queste le premesse che mi hanno portato all’incontro con Luigi Carbone con il quale ho felicemente fondato i NeaCo’!
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